(la copertina della seconda edizione del romanzo)
Villorba - In tutte le campagne d’Italia si possono scorgere ruderi di edifici, a volte di piccole dimensioni, a volte grandi, abbandonati a se stessi e spesso coperti da rovi e circondati da alti alberi. Ruderi che oggi non dicono nulla a chi li guarda distrattamente, ma un tempo queste abitazioni coloniche ospitavano famiglie di contadini che tra il duro lavoro dei campi e la povertà economica, riuscivano con grandi sacrifici a mantenere i propri figli e a sperare che tornassero da una guerra perché mandati al fronte o che potessero studiare per avere un futuro migliore.
Immerse nelle campagne ricche di odori e colori, le case coloniche assistevano mute al nascere e al crescere di bambini, molti dei quali, purtroppo, perivano per denutrizione o malattie; spesso i bambini dovevano svolgere lavori duri oppure fare lunghi percorsi per andare e tornare dalla scuola elementare del paese più vicino.
Nel Sud Italia questi edifici venivano chiamati “masserie” ed in una di questa, costruita nella campagna vesuviana, è ambientato un mio breve romanzo adatto ai lettori di tutte le età: la protagonista è una bimba curiosa con due occhi che spesso si soffermano sulle immagini familiari e della propria comunità di appartenenza, profondamente segnata dagli anni più cruenti della Seconda guerra mondiale.
Oggi, giustamente, abbiamo il dovere di interessarci a quei conflitti locali sparsi un po’ ovunque, soprattutto in Africa e Asia, che mietono tante vittime innocenti, come bambini e donne, ma non dobbiamo dimenticarci che anche i nostri nonni e genitori hanno sofferto tante privazioni, e molti di loro hanno lottato duramente per assicurare un futuro migliore alla nostra generazione.
Riscoprire e valorizzare le case coloniche che abbiamo un po’ in tutta Italia, significa dar voce a chi ci ha preceduti in questa vita terrena, e ha vissuto con coraggio quei valori che possono rinvigorire la nostra società, come l’onestà, il sacrificio personale a favore dei propri cari, la solidarietà e la condivisione di quello che si possiede, perché nessuno venga privato di beni essenziali.
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