“Su una cartina
geografica del Settecento, la Verzasca appare come una piega tra
Valmaggia e Leventina, tanto da scriverci il nome Verzasca- e viene
in mente l’ “ Hic sunt leones” delle zone inesplorate delle
carte antiche. Leoni, no. Ma una gente montanara intrepida e
scontrosa che bastava a se stessa.
Ci sono luoghi che
attirano perché la presenza umana vi prevale, col buono e il men
buono: opere d’arte, memorie storiche, diporti d’ogni genere. Qui
la grande interlocutrice non è l’opera umana, ma la natura. Non
che l’opera umana manchi o sia trascurabile, tutt’altro; ma dove
è originaria è tale che fa una cosa sola
con la natura”.1
Con queste parole la
scrittrice ticinese di lingua italiana Anna Gnesa (1904- 1986 )
presenta il suo paese natale (Brione Verzasca), il suo luogo del
cuore: la valle Verzasca, da lei profondamente amata e di cui è
interprete e custode. Nella valle è nata, lì ha vissuto fino alla
morte e nei paesi della valle (Lavertezzo, Caslano, Tenero) ha svolto
la sua attività di docente di scuola elementare e superiore, salvo
una breve periodo di insegnamento presso la scuola francese di
Damasco in Siria.
La valle
Verzasca è la protagonista dei due libri scritti dalla Gnesa :
“Questa valle” (
1974/ 1999) e “ Lungo la strada”
( 1987/ 2001). Il testo
“Questa valle” comprende 28 brevi capitoli, divisi in tre
sezioni e non presenta una trama con lo svolgimento di un’unica
storia, ma descrive con grande sensibilità tante ministorie che
hanno un solo protagonista: il paesaggio della Verzasca comprendente
l’ambiente alpino e le vicende di uomini e animali, che sono
l’essenza e l’anima della valle.
La valle Verzasca, poco
nota al grande pubblico, si trova nel distretto di Locarno, nel
canton Ticino, tra Locarno e Bellinzona; si estende in lunghezza da
sud a nord per circa 25 km nelle Alpi Ticinesi (Lepontine) con
un’altitudine variabile da 500 m a 2864 m. La valle, chiusa,
stretta dai ripidi pendii, di origine fluviale, è percorsa dal fiume
omonimo, Verzasca (Viridisacqua), dalle acque del colore dello
smeraldo. La valle e il fiume sono dipendenti l’uno dall’altro,
come ricorda l’autrice: “ Il
fascino particolare viene, oltre che dal
fiume, dal fatto che per la struttura e le proporzioni del solco
vallivo, quanto altrove si ammira come scenario, qui è a portata di
mano, a misura d’uomo. Il fiume, si diceva: che è vita e può
essere anche morte, ma ha sempre una bellezza nuova; così vicino che
per lunghi
tratti si può averlo compagno di viaggio, e
toccarlo e giocarci, eppure è carico del
mistero di ogni abisso”. (2)
Sandra Milani legge Anna Gnesa in occasione della presentazione del libro "Questa valle"
Il fiume, che sfocia nel
lago Maggiore in territorio elvetico e che è sbarrato dalla diga di
Vogorno, ha segnato il paesaggio della valle, isolata e orrida,
descritta dai viaggiatori dei secoli XVIII e XIX nelle loro
relazioni, come un luogo inospitale e aspro, scarsamente abitata da
gente arida e dal carattere duro. Anche oggi la valle è isolata,
poco popolata e negli otto comuni presenti risiedono circa 3299
abitanti, per l’85% di lingua italiana (dati censimento anno 2004),
anche se la valle fu abitata fin dal neolitico e poi dai romani, che
vi avevano introdotto il castagno.
Il grande protagonista
del libro è il paesaggio della valle Verzasca, con l’ambiente
naturale ricco di monti ripidi e pascoli e i semplici abitanti di
piccoli villaggi sparsi. Il paesaggio descritto è eroico e
pastorale, con “ciglioni a
strapiombo, dirupi, orli di prati sospesi su
burroni”, dove “ e
il fiume e i suoi macigni a ogni svolta apparivano nuovi: un mondo
pieno di barbagli verdi e azzurri sotto il sole di giugno” (3),
abitato da bambini e ragazzi, abituati fin dalla più tenera età
alle dure fatiche e ad un’esistenza semplice, come la piccola
Lucia, pastorella morta tragicamente nell’inseguire una pecora, o i
bimbi che seguivano con stupore le lezioni in scuole molto modeste, o
“ ragazzetti più grandicelli ( che,
n.d.r.) andavano al fiume a diguazzare, a tirar sassi”.
La valle era abitata da persone povere e semplici, in pace con se
stesse e in sintonia con la natura, che accettavano i sacrifici di
una vita dura, come le donne che andavano a lavorare in montagna e
che si ritrovavano alla domenica in chiesa indossando il loro abito
della festa con grembiule e copricapo. Nei piccoli paesi della valle
tutti si conoscevano, il dolore o le disgrazie di uno appartenevano a
tutti, c’era condivisione di fatiche, di sentimenti, fiducia nel
prossimo, per cui il bottegaio faceva credito a chi non poteva pagare
il cibo.
In questo microcosmo
anche le piante, come il castagno, e gli animali, come le pecore, la
volpe, i topolini, gli animali domestici, le farfalle facevano parte
dell’ambiente e accompagnavano la vita di ognuno. Al fiume, agli
elementi naturali, a tutti gli esseri viventi, presentati con
precisione in pagine descrittive e narrative pervase di lirismo, la
scrittrice si rivolge con un atteggiamento di profondo rispetto, di
partecipazione umana alla loro fatica di essere e di vivere e
manifesta una grande “pietas” per l’ambiente compromesso e per
tutti gli esseri viventi, specialmente per gli ultimi, riconoscendo
loro grande dignità di vita e grandezza eroica nel sopportare le
avversità.
In questo libro si
avverte chiaramente la nostalgia dell’autrice per un tempo passato,
per un modo sobrio di vivere, ormai spazzati via dalla modernità.
Sono presenti il timore per il futuro della valle, il dolore e la
preoccupazione per la distruzione del paesaggio della Verzasca, che
ormai ha subito molte profanazioni e contaminazioni, anche se in
qualche parte sulle rive del fiume è possibile rimanere a
contemplare la natura, a sentirla viva e parte del nostro essere.
Nato da un grande amore
per la propria terra e dalla passione civile per la sua salvaguardia,
il libro “Questa valle”
si rivolge a chi sa avvicinarsi alla montagna, ai suoi abitanti con
umiltà e rispetto e a chi si interroga sui propri rapporti con il
mondo alpino. Il testo è diretto anche a chi, accostandosi alla
montagna, vuole capire se stesso senza lasciarsi distrarre dal
consumismo, a chi desidera riacquistare una purezza primigenia. La
montagna è esigente, va rispettata e amata, anche se, secondo la
scrittrice, “ non è da tutti capire la
montagna”.
Con una scrittura
raffinata e con un lessico semplice e appropriato, a volte poetico,
con l’uso anche di termini specifici del mondo vegetale, con un
periodare fluido, Anna Gnesa ha offerto con la sua opera un ritratto
di grande sobrietà e armonia di un ambiente alpino aspro, ha dato
voce e senso, attraverso i suoi ricordi e le sue riflessioni, alle
vicende dure e alle azioni semplici di tante persone umili, ha
coinvolto il lettore nella vita della valle Verzasca, di cui ha
interpretato profondamente il “genius loci”, ma specialmente ha
trasmesso a tutti noi un insegnamento civile, oggi più che mai
attuale, di rispetto dell’ambiente.
prof.ssa Luciana Piovesan - Circolo di lettura "Matilde Serao" - Villorba (Treviso)
1 Gnesa A., “ Questa valle”, Locarno ( CH ), 2000, pag. 9, pag.
12.
2. Ibidem, pag. 12.
3 Ibidem, pag. 63, pag. 43.
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